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Simon Weil e Walter Benjamin

Non giudicare. Tutte le colpe sono eguali. C’è una colpa sola: non aver la capacità di nutrirsi di luce. Perché, abolita questa capacità, tutte le colpe sono possibili.

L’uomo vorrebbe essere egoista e non può. È questo il carattere più impressionante della sua miseria e l’origine della sua grandezza.

l’anima tende ad occupare la totalità dello spazio che le è accordato

Il tempo è la croce.

La necessità è il velo di Dio.

Iddio pena, attraverso lo spessore infinito del tempo e della specie, per raggiungere l’anima e sedurla. Se essa si lascia strappare, anche solo per un attimo, un consenso puro e intero, allora Iddio la conquista. E quando sia divenuta cosa interamente sua, l’abbandona. La lascia totalmente sola. Ed essa a sua volta, ma a tentoni, deve attraversare lo spessore infinito del tempo e dello spazio alla ricerca di colui ch’essa ama. Così l’anima rifà in senso inverso il viaggio che Iddio ha fatto verso di lei. E ciò è la croce.

Siccome siamo creature siamo contraddizione; perché siamo Dio e, al tempo stesso, infinitamente altro da Dio.

La grandezza suprema del cristianesimo viene dal fatto che esso non cerca un rimedio sovrannaturale contro la sofferenza bensì un impiego sovrannaturale della sofferenza.

Solo compiendolo si ha l’esperienza del bene.
Si ha l’esperienza del male solo vietandoci di compierlo; o, se lo si è compiuto, pentendosene.
Quando si compie il male, non lo si conosce, perché il male fugge la luce.

In tutto quel che suscita in noi il sentimento puro ed autentico del bello, c’è realmente la presenza di Dio. C’è quasi una specie di incarnazione di Dio nel mondo, di cui la bellezza è il segno. Il bello è la prova sperimentale che l’incarnazione è possibile. Per questo ogni arte di prim’ordine è, per sua essenza, religiosa.

Chi riesce a mantenere la propria anima orientata verso Dio mentre un chiodo la trafigge, si trova inchiodato al centro stesso dell’universo. È il vero centro, che non sta nel mezzo, che è fuori dello spazio e del tempo, che è Dio. La bellezza del creato è l’entrata del labirinto. L’imprudente che vi entra, dopo pochi passi non sarà più capace di ritrovare l’uscita. Sfinito, senza nulla da mangiare né da bere, circondato dalle tenebre, separato dai suoi e da tutto ciò che ama e conosce, cammina alla cieca, senza speranza, incapace perfino di rendersi conto se veramente cammina o se gira su se stesso. Ma questa sventura è nulla in confronto al pericolo che lo minaccia. Se non si perde d’animo, infatti, se continua a camminare, arriverà senza dubbio al centro del labirinto. E qui Dio lo attende per divorarlo. In seguito ne uscirà, ma cambiato, trasformato, poiché sarà stato mangiato e digerito da Dio. Resterà allora vicino all’entrata, per spingervi con dolcezza coloro che vi si accostano.

La totalità dello spazio, la totalità del tempo interpongono il loro spessore e pongono una distanza infinita fra Dio e Dio.

…se l’anima cessa di amare precipita già qui sulla terra in uno stato quasi equivalente all’inferno.

Sono convinta che l’infelicità per un verso e la gioia per l’altro verso, la gioia come adesione totale e pura alla bellezza perfetta, implicano entrambe la perdita dell’esistenza personale e sono quindi le due sole chiavi con cui si possa entrare nel paese puro, nel paese respirabile, nel paese del reale.

Simon Weil