sì come schiera d’api che s’infiora
una fiata e una si ritorna
là dove il suo laboro s’insapora
(Dante Alighieri, Paradiso, XXXI, 7-9)
Claude Lévi-Strauss
La musica è una macchina per sopprimere il tempo
Le metafore che si ispirano al miele sono fra le più antiche della nostra lingua e di altre che l’hanno preceduta nel tempo. Gli inni vedici associano spesso il latte e il miele che, secondo la Bibbia, scorreranno nella Terra Promessa. «Più dolci del miele» sono le parole del Signore. I babilonesi facevano del miele l’offerta agli dei per eccellenza, giacché questi dei esigevano un cibo che non fosse toccato dal fuoco. Nell’Iliade alcune giare di miele servono da offerta ai morti.
Presso i popoli antichi l’ape era considerata simbolo di vita che rinasce dalla morte: l’immortalità dell’anima.
A questo proposito va ricordato il culto dei morti degli spartani, che conservavano nel miele il cadavere dei loro re. La gran madre greca Demetra, che dona la vita, aveva il soprannome di Melissa, cioè ape. Nella religione greca l’ape rappresenta l’anima discesa fra le ombre che si prepara al ritorno.
L’ape è associata all’anima che lascia il corpo di un uomo anche in Siberia, nell’Asia centrale e presso gli Indiani dell’America del Sud. Questa immagine anima-ape era presente anche presso gli antichi egizi. L’ape è uno dei simboli della risurrezione.
La stagione invernale (tre mesi) nel corso della quale sembra sparire perché non esce dall’alveare è associata al tempo (tre giorni) nel quale il corpo di Cristo è invisibile dopo la morte e prima di riapparire risuscitato.
Nella cultura ebraica l’ape è associata al linguaggio, e il suo nome “dbure” deriva dalla radice “dbr” che significa parola, da cui il rapporto stabilito tra l’ape e il verbo. Nella cultura greca è il simbolo dell’eloquenza, della poesia e dell’intelligenza.
Francesco di Sales paragona l’anima dell’uomo nel corso della sua vita terrestre ad un’ape, paragone già formulato da San Bernardo e ripreso da Rudolf Steiner.
Plotino
l’Uno, del quale nulla è lecito dire se non che è uno e bene;
l’Intelletto, che procede dall’Uno, ed è assimilabile al mondo delle idee di Platone, poiché consiste di tutte le forme e i modelli del pensiero, oltre che della realtà ontologica;
l’Anima, che procede a sua volta dall’Intelletto, e sta a fondamento della vita: essa è l’ultimo grado della realtà effettiva, oltre la quale si trova la materia che è un semplice non-essere, un’apparenza priva di vera consistenza.
Questo universo è un animale unico che contiene in sé tutti gli animali, avendo una sola Anima in tutte le sue parti.
… ogni essere che si trova nell’universo, a seconda della sua natura e costituzione, contribuisce alla formazione dell’universo col suo agire e con il suo patire, nella stessa maniera in cui ciascuna parte del singolo animale, in ragione della sua naturale costituzione, coopera con l’organismo nel suo intero, rendendo quel servizio che compete al suo ruolo e alla sua funzione. Ogni parte, inoltre, dà del suo e riceve dalle altre, per quanto la sua natura recettiva lo consenta.
L’oca ci porta nel giardino dell’Eden
L’oca era considerata dagli antichi il simbolo della saggezza e l’animale incaricato di trasportare l’anima nell’aldilà, poiché era un uccello migratore che viaggiava da est a ovest seguendo la Via Lattea, verso “la terra dei morti”. ” e il Finis Terrae. Inoltre le oche erano molto presenti nella vita quotidiana, poiché venivano usate come sentinelle in quanto erano animali molto territoriali e scandalosi. Oggi, infatti, l’oca è ancora molto presente lungo il Cammino (verso Santiago) e al di fuori di esso.
il segreto del destino secondo “il topo e suo figlio” è andare avanti, sempre, ad ogni costo
Il gioco dell’oca
Il numero delle caselle, 63, è particolarmente significativo: come prodotto di 9 x 7 permette di intendere il percorso come successione di 7 cicli di 9. Questi numeri si collegano direttamente alla teoria degli “anni climaterici”, tenuti in grande considerazione dall’astrologia classica: i cicli settenari e novenari segnano infatti gli anni fondamentali della vita umana che, in questo caso, si concluderebbe col sessantatreesimo anno, chiamato “il grande climaterio”. In questo senso il gioco può essere inteso come una rappresentazione simbolica del percorso stesso della vita.
Ma c’è di più: la casella 63 è quella che permette di accedere al centro della spirale, al “castello o giardino dell’oca” che non è numerato. Considerando anche il centro, avremmo in tutto 64 caselle e questo numero, oltre ad essere simbolo dell’Unità, verso la quale il cammino ci deve ricondurre (6+4=10; 1+0=1), è il prodotto di 8 x 8 e suggerisce immediatamente una possibile analogia del nostro gioco con quello degli scacchi, che, a sua volta, ha la sua matrice simbolica nei 64 esagrammi dell’I Ching o “Libro dei Mutamenti”, i cui simboli descrivono appunto tutti gli stadi possibili dell’esistenza umana.
Le Oche donano delle “ali” che permettono di avanzare rapidamente; non ci si può fermare sulle loro caselle.